Il lattosio è uno zucchero abbondante nel latte dei mammiferi ed essenziale per il nutrimento dei neonati e durante il periodo perinatale. Il lattosio subisce una digestione enzimatica da parte dell’enzima chiamato lattasi che lo scinde in zuccheri assorbibili: il glucosio e galattosio.
Quasi la totalità delle persone sono nate con la capacità di digerire il lattosio ma, circa il 75% della popolazione mondiale, perde questa capacità in età adulta mentre il restante la mantiene. Nei bambini e adolescenti (2-12 anni), è già possibile distinguere due gruppi distinti di popolazione: un gruppo “lattasi non persistente” cioè con bassa attività della lattasi (ipolattasia) che provoca cattiva digestione del lattosio, e un gruppo “lattasi-persistente” ovvero coloro che mantengono il livello di attività neonatale della lattasi anche in età adulta.
La lattasi-persistenza è una situazione usuale nelle comunità di grandi consumatori di latte come le comunità pastorali e le popolazioni che consumano quotidianamente prodotti caseari di produzione propria.
L’intolleranza al lattosio sembra invece avere una predilizione raziale in quanto si riscontra con una percentuale più elevata nelle popolazioni di pelle scura rispetto a quelle nord europee. Questa diversità sembra essere determinata dal più alto consumo, quotidiano e regolare, di latte fresco e di prodotti derivati nelle popolazioni nord europee. Il maggior consumo è correlabile all’aumentata richiesta calorica, dovuta al clima più freddo, e alla minor esposizione ai raggi solari. Quest’ultimo fattore è coinvolto con la produzione di Vit. D “organica” e, una sua riduzione, determina una minor sintesi di vit.D che sembra essere sopperita con l’aumentato consumo di latte, ricco di tale sostanza. Purtroppo sembra che, la somministrazione di latte vaccino prima dei 6 mesi di vita, sia un fattore correlabile con lo sviluppo del diabete ( insieme con l’esposizione precoce al glutine di frumento).
L’intolleranza al lattosio è comunque una condizione benigna; essa non è un’ allergia, la cui prevalenza nella popolazione è del 1-3% , e non dà quindi reazione immunologiche. È importante però distinguere tra intolleranza al lattosio in quanto tale e possibili cause secondarie di cattiva digestione del lattosio come, ad esempio, malattia celiaca, enterite infettiva o morbo di Crohn, che hanno implicazioni patologiche e terapeutiche distinte.
Molti test di tolleranza al lattosio sono stati sviluppati per confermare la capacità della lattasi intestinale di idrolizzare (rompere) e assorbire il lattosio, al fine di evitare la biopsia endoscopica che, tuttavia resta l’approccio diagnostico a più alta specificità e sensibilità. Alcuni non sono proprio riconosciuti a fine di diagnosi di intolleranza (vega test, iridologia ...) ma sono comunque molto utilizzati e sono spesso canali di divulgazione per informazioni sbagliate e fonte di allarmismi inutili. Ricordate comunque che la diagnosi la può fare solo un medico!!!!
Uno dei test invece riconosciuti , è il test di tolleranza al lattosio attraverso la misura dei livelli di glucosio e galattosio nel sangue, prima e dopo carico orale di lattosio a intervalli di tempo prespecificati.
Tra tutti i test di tolleranza al lattosio indiretti attualmente disponibili, il breath test è stato considerato il test più adatto per lo screening di popolazione lattasi deficiente. Il lattosio non digerito infatti è fermentato dalla flora intestinale, producendo idrogeno, anidride carbonica, metano . Questi gas, che possono causare gonfiore, flatulenza, dolore addominale e diarrea, sono eliminati attraverso i polmoni e possono quindi essere misurati attraverso il respiro.
Questo test prevede un carico orale di 25 g di lattosio, cioè la quantità media contenuta in 500 ml di latte. Il breath test è stato criticato, pur essendo ampiamente utilizzato, perchè l'affidabilità dipende dall'attività della flora batterica. Un risultato falso negativo è frequente se ad esempio, entro un mese dalla fase di test, si sono assunti antibiotici o se l’ambiente del colon è abbastanza acido da inibire l'attività batterica oppure se la flora batterica è stata esposta continuativamenteal lattosio e si è adattata. Inoltre l’interpretazione del breath test del lattosio dipende dal livello limite, dalla dose di lattosio proposta, e dalla durata della prova, dall’età dell'individuo ed è spesso costoso.
I dati disponibili dimostrano che una singola dose di lattosio fino a 12 g, equivalente a quella contenuta in circa un bicchiere di latte) somministrato da solo non produce in persone con intolleranza al lattosio o cattiva digestione. Dosi di lattosio di 15-18 g sono ben tollerati quando sono offerti insieme ad altri nutrienti . L’obiettivo principale del trattamento dietetico è di migliorare i sintomi mantenendo un adeguato apporto di calcio, impedendo così l’insorgere di patologie ossee secondarie, che possono essere evitate inserendo non solo latte e latticini delattosati ma anche latticini fermentati o stagionati così da prevenire conseguenti effetti negativi sulla densità della massa ossea. Tale obiettivo è particolarmente importante in popolazioni in fase di crescita o nelle donne in menopausa. E’ POSSIBILE RIEDUCARE IL NOSTRO INTESTINO a rispondere in maniera corretta al lattosio senza necessariamente eliminare dalla dieta latte e latticini ma, attraverso un’esposizione regolata e continua a questo zucchero, attraverso l’uso di prodotti prebiotici e probiotici o attraverso l’ausilio di determinati alimenti che aiutano a ridurre la sintomatologia dell’intolleranza, possiamo aumentare la funzionalità enzimatica e ridurre eventuali disbiosi intestinali (se presenti). Ricordo che carboidrati sono una fonte di sostentamento per la flora batterica che, se in salute, aiuta a mantenere il nostro intero sistema in forma.
Come sempre il mio motto: A dieta per mangiare meglio!!!